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Tassabili i proventi di prostituzione

La sentenza 22413/2016 della Corte di Cassazione

Con la sentenza n. 22413 del 04/11/2016 la Corte di Cassazione ribadisce la tassabilità dei redditi accertati in quanto provento dell’attività di prostituzione.
Si tratta di un orientamento ormai consolidato, sebbene la sentenza contenga spunti di notevole interesse.

Natura del reddito dei proventi da prostituzione

In primo luogo la Corte afferma la legittimità dell’attività d’accertamento, che ha ricondotto i proventi della prostituzione esercitata dalla contribuente ricorrente alla categoria dei "redditi diversi", assimilabili al reddito da lavoro autonomo. Dunque l’attività di meretricio, secondo la Corte, è assimilabile al “lavoro autonomo” e dunque produce un reddito classificabile, ai fini della dichiarazione, tra i “Redditi diversi”.

Quantificazione del reddito da prostituzione

In secondo luogo la sentenza riafferma la legittimità dell’accertamento d’ufficio ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 riguardante la rettifica delle dichiarazioni delle persone fisiche, che espressamente richiama le metodologie previste dall’art. 39 stesso D.P.R., tra le quali "l’utilizzo dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art. 32" (nella specie accertamenti bancari). In pratica, le prostitute che volessero regolarizzare la propria posizione, dichiarando i proventi dell’attività di meretricio mediante la presentazione della dichiarazione dei redditi, devono prestare la massima cura nella corretta quantificazione del reddito, potendo l’amministrazione tributaria ricostruire i proventi di competenza sulla base delle movimentazioni bancarie effettuate (sia in contanti che per assegno).

Applicabilità IVA

In terzo luogo la Cassazione afferma che l’esercizio della attività di prostituzione, occasionale o abituale che sia, genera comunque un reddito imponibile ai fini Irpef, trattandosi in ogni caso di proventi rientranti nella categoria residuale dei redditi diversi prevista dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 1 lett. f); il requisito della abitualità è rilevante ai diversi fini dell’assoggettamento dei proventi dell’attività di prostituzione anche alle imposta indirette (Iva) a norma del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 5, secondo cui costituisce esercizio di arti o professioni, soggette all’Iva, l’esercizio per professione abituale di qualsiasi attività di lavoro autonomo (in tal senso Sez. 5, Sentenza n. 10578 del 13/05/2011, Rv. 618085). In pratica, rimane sempre aperta la possibilità che alla prostituta che abbia dichiarato i redditi della propria attività venga contestata l’abitualità di tale attività, con recupero dell’imposta IVA evasa.
Quest’ultimo aspetto è assai rilevante. Nella pratica fiscale, infatti, non vi sono regole assolute sulla classificazione, abituale o occasionale, di un’attività professionale. In genere rappresenta un elemento qualificante l’iscrizione ad albi o elenchi professionali, ma non ci risulta l’istituzione di un albo professionale per l’attività di meretricio, che pure potrebbe essere considerata un’attività d’assistenza alla persona del tutto assimilabile ad altri tipi d’attività che pure hanno avuto il riconoscimento professionale.
Di fatto, un’attività di lavoro autonomo abituale sarebbe caratterizzata da ripetitività, regolarità, stabilità e sistematicità di comportamenti.

Abituale anche se non esclusiva.

Naturalmente, l’abitualità dell’attività di meretricio non significa esclusività, essendo perfettamente compatibile con il parallelo esercizio di un’attività di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa o di socio di società in genere. In pratica anche un’attività autonoma effettuata per poche ore al giorno o saltuariamente e, al limite, anche nei confronti di un solo committente, ma con costanza nel tempo, dando quindi l’idea di rappresentare per il prestatore il suo modo ordinario di esercitare la propria attività di lavoro indipendente, e anche senza una particolare organizzazione e anche se poco remunerata, realizza il presupposto soggettivo per l’apertura della partita Iva, dovuto a presenza appunto dell’abitualità.

Incertezza per la regolarizzazione dell’attività di meretricio.

Se dunque, la Corte di Cassazione ha ribadito che non vi è alcun dubbio sulla tassabilità dei redditi da meretricio, rimane ancora una forte incertezza operativa per le prostitute che volessero regolarizzare la propria posizione fiscale, dovendosi le stesse preoccupare di assolvere agli obblighi connessi all’applicazione delle imposte indirette.

Obblighi previdenziali.

Rimane un ulteriore aspetto da affrontare per la prostituta che volesse regolarizzare la propria posizione: la scelta della copertura previdenziale.
Qui bisogna riconsiderare la natura occasionale o professionale dell’attività di meretricio.
Infatti, qualora si dovesse propendere per la natura occasionale dell’attività della prostituta, allora si deve assolvere agli obblighi stabiliti con l’art. 44, c. 2 del D.L. 269/03, convertito in L. 326/03, che ha disposto l’iscrizione alla Gestione Separata dell’INPS, a decorrere dal 1° gennaio2004, dei lavoratori autonomi occasionali, ma solo per redditi fiscalmente imponibili superiori a 5.000 euro nell’anno solare, considerando la somma dei compensi corrisposti da tutti i committenti occasionali.
Qualora invece si propendesse per l’attività professionale di lavoro autonomo svolto dalla prostituta, oltra all’applicazione dell’IVA occorre anche provvedere all’iscrizione alla Gestione Separata dell’INPS, istituita dalla L. 355/95 per assicurare copertura assicurativa a tutte le categorie residuali di liberi professionisti per i quali non è stata prevista una specifica cassa previdenziale.

Effetti sulle tariffe professionali delle prostitute

E’ bene in conclusione richiamare che l’eventuale regolarizzazione dell’attività di meretricio, con l’apertura della partita IVA, l’iscrizione alla gestione separata INPS, la presentazione della dichiarazione dei redditi e la gestione ordinaria della contabilità libero professionale, comporta un effetto non trascurabile sulla tariffa applicata dalla prostituta, che su 10 € di compenso originariamente richiesti in regime irregolare, dovrà considerare l’aggiunta di 2,20 € di IVA, di 2,70€ di costo previdenziale ed almeno di altri 3,00 € di oneri fiscali vari. In pratica, la prostituta che si voglia regolarizzare dovrà prevedere un aumento della propria tariffa di circa l’80%.

 

Dr. Saverio Carlo Greco SLCV

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