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La Cassazione afferma l’emendabilità delle dichiarazioni fiscali anche in sede di contenzios

Con la pronuncia n.2226 del 03/11/2010 la Suprema Corte di Cassazione, sezione civile, ha riconosciuto la possibilità , ai contribuenti, di emendare le dichiarazioni fiscali anche in corso di contenzioso, al fine di contrastare la maggiore pretesa tributaria richiesta dal Fisco.

Bisogna tuttavia partire dalla premessa che l’eventuale “integrazione” della dichiarazione è sancita dai seguenti articoli:
• art. 13 D.lgs, n.472/1997, che concede la possibilità, in caso di ravvedimento, di integrare la dichiarazione originariamente presentata entro i termini previsti per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, fermo restando che non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche;
• dall’art. 2 comma 8, D.P.R. n.322/1998, che concede la possibilità di integrare la dichiarazione originariamente presentata entro il termine di decadenza dell’azione di accertamento, ossia entro e non oltre il 31 Dicembre riferito al quarto anno successivo al periodo di presentazione della stessa, salva applicazione delle relative sanzioni ( c.d. dichiarazione integrativa a favore del fisco);
• Dall’art. 2 comma 8-bis, D.P.R. n. 322/1998, che concede la possibilità, ai contribuenti, di integrare la dichiarazione per correggere errori o omissioni che abbiano determinato un maggior debito d’imposta o un minor credito, con dichiarazione da presentarsi entro e non oltre il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno d’imposta successivo ( c.d. dichiarazione integrativa a favore del contribuente).

Tuttavia seguendo gli orientamenti dell’Amministrazione Finanziaria contenuti nelle circolari n. 6/E del 2002 e n. 24/E del 2007, quest’ultima ha stabilito che “la dichiarazione che presenti esiti favorevoli per il contribuente,.., non possa essere presentata decorso il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo” ed ha aggiunto che una volta decorso tale termine (ex art. 2 comma 8-bis, D.P.R. n. 322/1998) “non è più possibile presentare dichiarazioni integrative con esito favorevole per il contribuente”.
Appare subito ovvio, come un tale orientamento, preveda solo ed esclusivamente un favor nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria e penalizzi i soggetti passivi d’imposta, i quali pur essendosi resi conto di aver commesso, nelle precedenti dichiarazioni decorso il termine ex lege per poterle integrare, degli errori o delle omissioni che comportino un minore pretesa tributaria nei confronti del Fisco, questi non possono più integrare l’originaria dichiarazione ma ottenere quanto spettante solo ed esclusivamente attraverso un’azione di rimborso, ex. art. 38 D.P.R. n.602/1973, nella quale l’istante dimostri la restituzione delle maggiori imposte erroneamente calcolate o versate.

Particolarmente innovativa, in tal senso, è stata la sentenza della Corte di Cassazione n. 2226 del 31 gennaio del 2011 , con la quale i Giudici hanno stabilito che non avendo la dichiarazione dei redditi, affetta da errori siano essi di fatto o di diritto, “natura di atto negoziale e dispositivo” ma recando “una mera esternazione di scienza e di giudizio” , ai sensi del D.P.R. n. 600/1973, è – in linea di principio – “emendabile e ritrattabile” in sede di contenzioso, “quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che , sulla base della legge, devono restare a suo carico”.

Premesso che gli “avvisi bonari” di pagamento emessi dall’Amministrazione Finanziaria non possano essere impugnati dinanzi alle Commissioni Tributarie, ed atteso che questi ultimi possono essere elisi solo attraverso un’istanza di sgravio presentata nei confronti dell’Ufficio emittente, a parere dello scrivente, sarebbe possibile applicare il principio di portata generale sancito dalla Cassazione anche a suddetti avvisi. Cioè potrebbe essere rettificata la dichiarazione del contribuente anche successivamente all’emissione dell’avviso bonario. Si pensi ad esempio ad un contribuente che nell’anno d’imposta 2008 vantava un credito IRPEF pari ad € 6.000,00 e che nel successivo anno d’imposta (2009), per un mero errore materiale non veniva riportato correttamente il credito derivante dalla precedente dichiarazione (inserendo ad es. € 7.000,00 anziché € 6.000,00), determinando uno scorretto saldo d’imposta. Successivamente l’Agenzia delle Entrate, in base a controlli automatizzati, notificava al contribuente un avviso bonario in cui intimava lo stesso al pagamento di una somma pari ad € 1.000,00, più sanzioni ed interessi, relativo al minor credito d’imposta effettivamente spettante. Tuttavia in tal caso, a parere dello scrivente, potrebbe essere integrata la dichiarazione (premesso che non siano decorsi i quattro anni dalla presentazione dell’originaria dichiarazione) originariamente presentata per l’anno d’imposta 2009,ed evitare quindi di incorrere nella maggiore pretesa tributaria richiesta dal Fisco.

Giulio Saporito

SLCV

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