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La costituzione del fondo patrimoniale successiva all’assunzione del debito (#in)

 Il fondo patrimoniale, istituto compreso tra le convenzioni matrimoniali, limita l’aggredibilità dei beni conferiti solamente alla ricorrenza di determinate condizioni, rendendo più incerta o difficile la soddisfazione del credito, conseguentemente riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti, in violazione dell’art. 2740 c.c., che impone al debitore di rispondere con tutti i suoi beni dell’adempimento delle obbligazioni, a prescindere dalla relativa fonte.
Il fondo patrimoniale, come recita l’art. 167 c.c., consiste, nella imposizione convenzionale, da parte di uno dei coniugi, di entrambi o di un terzo, di un vincolo in forza del quale determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri, o titoli di credito sono destinati a far fronte ai bisogni della famiglia. Pertanto, comporta un limite di disponibilità di determinati beni di proprietà dei costituenti.
Di fatto, la figura giuridica del fondo patrimoniale può essere costituita per difendere i beni familiari dalle eventuali azioni dei creditori nell’ipotesi in cui l’ attività imprenditoriale o professionale, svolta da uno dei coniugi, versi in una situazione economica difficile o, addirittura, fallimentare (nel caso dell’imprenditore).
Come ben ci insegna la Giurisprudenza, nell’ipotesi di costituzione del fondo patrimoniale successiva all’assunzione del debito (ad esempio un’obbligazione fideiussoria), è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano viceversa rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis) né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo.
La Suprema Corte ha recentemente chiarito inoltre che non è necessario, quanto al profilo oggettivo dell’ “eventus damni ", che il fondo patrimoniale abbia reso impossibile la soddisfazione del credito per aver determinato la perdita della garanzia patrimoniale, essendo sufficiente che l’ atto abbia reso più difficile il recupero coattivo del credito, determinando o aggravando il pericolo che una eventuale futura azione esecutiva possa rivelarsi infruttuosa. Interessante la pronuncia a riguardo della Cassazione 7.10.2008, n. 24757 che ha ulteriormente ridotto il carico probatorio dell’attore ritenendo non dovuta la dimostrazione del "dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore. Non è, cioè, necessaria la volontà del debitore (alla data della stipulazione) di contrarre debiti ovvero la consapevolezza da parte sua del sorgere della futura obbligazione, e che l’atto dispositivo venga compiuto al fine di porsi in una situazione di totale o parziale impossidenza, in modo da precludere o rendere difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo diritto. Deve per converso ritenersi al riguardo sufficiente invero il dolo generico, sostanziantesi nella mera previsione del pregiudizio dei creditori"
Ad ogni modo, la mancanza di circostanze che giustificano la costituzione del fondo patrimoniale ovvero dei bisogni che lo stesso è destinato a soddisfare, costituisce la prova presuntiva della simulazione del negozio in realtà stipulato allo scopo di sottrarre i beni alle ragioni dei creditori.
Avv. Angela Congi
SLCV

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