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Le cause d’anatocismo dopo il MIlleproroghe

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il decreto Milleproroghe 2011 è stato convertito nella Legge n. 10/2011, dopo un lunghissimo iter parlamentare tra Camera e Senato e numerose riscritture del testo.
Secondo le intenzioni del legislatore, le norme contenute nella citata legge sugli istituti di credito «non rappresentano un regalo alle banche», quanto piuttosto, per quanto riguarda le imposte differite, «la rimozione di un limite competitivo», mentre per quella sull’anatocismo, «un punto chiaro».
Infatti, con l’art. 2, comma 61 il Legislatore interviene in tema di prescrizione nei contratti bancari. In generale, l’art. 2935 c.c. prevede che la prescrizione dei diritti inizia a decorrere dal giorno in cui gli stessi possono essere fatti valere.
Con riferimento ai contratti bancari, in particolare alle operazioni di conto corrente, il legislatore del 2011 ha interpretato la disposizione civilistica richiamata facendo decorrere il termine prescrizionale dei diritti derivanti dall’annotazione in conto, dal giorno in cui viene effettuata la singola annotazione e non più come in passato, dalla data di chiusura del conto corrente.
L’intervento del Legislatore stravolge sostanzialmente un orientamento già consolidato nella giurisprudenza di merito e ribadito di recente anche dal giudice di legittimità (Cass. SS. UU. 2 dicembre 2010 n. 24418) in materia di anatocismo.
Il Milleproroghe, ora, azzera la sentenza della Cassazione, in base alla quale il diritto del correntista alla restituzione delle somme percepite dalle banche mediante l’illegittimo sistema di calcolo degli interessi passivi, decorreva dalla data di chiusura del rapporto contrattuale, mentre con l’applicazione dell’art. 2 comma 61, consegue che i correntisti non potranno esercitare il diritto a recuperare quelle somme indebitamente percepite dagli istituti bancari richieste dopo dieci anni dalla singola annotazione effettuata sul conto corrente .
E quindi, se gli interessi sono stati addebitati più di dieci anni fa e se non c’è stato alcun atto interruttivo (come per esempio una diffida) per il correntista non c’è più nulla da fare.
La norma in questione è peraltro una norma retroattiva, ovvero già dalla data di pubblicazione delle Legge 10/2011, è immediatamente applicabile, anche ai processi in corso.
Sulla vicenda risultano già sollevate questioni di legittimità costituzionale per violazione delle norme in tema di tutela giurisdizionale dei diritti, di iniziativa economica privata e di tutela del credito, nonostante il governo si sia impegnato a chiarire, con provvedimento di natura interpretativa, ossia con una circolare, la portata della norma secondo cui «in ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi già versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto». Questa disposizione va intesa nel senso che «i correntisti non sono tenuti a restituire alla banca importi che le medesime banche hanno già versato agli stessi correntisti alla data di entrata in vigore della legge di conversione» del decreto. Inoltre, la circolare, spiega il Governo, chiarirà che «la banca é tenuta a versare al correntista quanto dalla stessa banca è dovuto per effetto di sentenza passata in giudicato prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, sebbene la stessa sentenza non sia stata ancora eseguita dalla banca medesima».
Dr.ssa Cristina Naccarato

SLCV

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