No alla risoluzione del concordato se il creditore reclama una diversa classificazione del credito
Dopo una serie di contenziosi giudiziari, il Tribunale di Cosenza ha stabilito che in una procedura di concordato preventivo in continuità il creditore che intenda reclamare l’erronea qualificazione del proprio credito non può ricorrere alla risoluzione per inadempimento, ai sensi dell’art. 168 L.F..
Il caso specifico
Nello specifico caso, il creditore agiva per la riscossione di un credito dello Stato (FONDO DI GARANZIA ex L. 23.12.96 N. 662 ) e aveva ottenuto una pronuncia del giudice dell’esecuzione che, pur annullando il pignoramento che era stato intentato contro la società in concordato, aveva concluso per la natura privilegiata del credito vantato.
Il piano concordatario, tuttavia, contemplava il credito contestato tra quelli chirografari e gli organi della procedura, che nel frattempo si era quasi esaurita con l’intervenuto adempimento del 98% delle obbligazioni concordatarie, avevano più volte valutato la posizione del creditore di che trattasi, autorizzando i soli pagamenti previsti dal piano. Così, nonostante le numerose iniziative “extraprocedurali” assunte dal creditore, lo stesso veniva pagato esattamente nei limiti previsti dal piano concordatario e si decideva, quindi, a ricorrere al tribunale per richiedere la risoluzione del concordato per grave inadempimento, sostenendo che il Commissario Giudiziale all’esito della comunicazione a suo tempo inviata dalla ricorrente (circa tre anni dopo l’omologa del piano) “avrebbe dovuto effettuare una modifica al piano concordatario inserendo detto credito fra i privilegiati mentre al contrario nulla è stato fatto lasciandolo fra i chirografari e così arrecando in ingiusto ed inaccettabile danno economico al Fondo di Garanzia per le PMI gestito dal creditore.”
Secondo tale prospettazione, “posto che il credito vantato dall’istante (da intendersi quale privilegiato anche alla luce della sentenza di merito nel frattempo intervenuta), non è stato integralmente soddisfatto, in violazione del piano di concordato che, in riferimento ai crediti di natura privilegiata, prevede la soddisfazione integrale, la società debitrice deve considerarsi inadempiente, con conseguente risoluzione del concordato.”
Le tesi della resistente
La società sottoposta alla procedura concordataria si è immediatamente costituita, chiedendo al Tribunale di dichiarare l’inammissibilità dell’istanza di risoluzione, in quanto proposta oltre il termine di decadenza fissato dall’art. 168 LF.
La resistente eccepiva pure nel merito che “su detta proposta definitiva della società debitrice, i creditori si erano espressi senza che alcuno avesse sollevato osservazioni in merito alle questioni oggi sollevate dal creditore ricorrente, tant’è che il piano è stato regolarmente omologato dal tribunale con il decreto summenzionato, depositato in data 24.01.2017”. Di tale omologa il Commissario Giudiziale aveva pure avvisato il creditore ricorrente, all’epoca interessato quale fidejussore di uno dei creditori insinuati nella procedura.
La resistente richiamava poi l’avvenuta, completa, esecuzione del piano nei confronti del creditore ricorrente e concludeva anche nel merito per il rigetto della domanda di risoluzione.
La decisione
Nella sua decisione, il Tribunale ha preliminarmente concluso per l’inammissibilità della domanda di risoluzione, depositata nel novembre 2023 quando il termine ultimo per l’adempimento previsto dal piano concordatario era spirato il 23 gennaio 2018.
Ha stabilito inoltre il Tribunale che “la stessa domanda è, oltremodo, del tutto infondata nel merito, avendo il ricorrente ricevuto la somma di € 322.496,88, corrispondente al 32% di € 1.007.802,76, conformemente alla percentuale di soddisfo riservata dal piano, come integrato in data 31.5.2016, ai creditori chirografari, senza che la creditrice potesse giammai pretendere una “modifica” del piano sul quale si era già espressa l’adunanza dei creditori, al fine di inserire il credito dalla stessa vantato nella categoria dei crediti privilegiati, sulla base di quanto riconosciuto dalla sentenza successiva del tribunale di Cosenza”.
Ha poi concluso il Tribunale di Cosenza che “non riscontrandosi, dunque, alcun inadempimento rispetto al piano come omologato dal tribunale, la domanda è non solo inammissibile, ma anche infondata”.
Saverio Carlo Greco