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Urgenza di misure a contrasto delle Pratiche Distributive Scorrette. In un solo settore bruciati in 5 anni 15 miliardi di Euro (Fonte BAnca d’Italia). #IN

 Motivi oggettivi dell’urgenza dell’adozione di utili strumenti di tutela dalle UTP.
In 5 anni bruciati 15 miliardi di risorse del solo sistema bancario

La distribuzione automobilistica ha subito in Italia uno shock da domanda che ne ha profondamente cambiato la struttura, inducendo l’insorgenza di fenomeni operativi critici per la sostenibilità stessa del settore.
La concentrazione, prodottasi con l’uscita di una parte rilevante degli operatori presenti sul mercato alla vigilia della crisi, avrebbe dovuto produrre condizioni operative ed economiche migliori per gli attuali operatori. Le case distributrici hanno adottato strategie finalizzate ad accentrare i volumi operativi, sul presupposto che le economie di scala dovevano assicurare la sostenibilità del business delle concessionarie.
Di fatto, però, ad oggi si osservano difficoltà operative che non sembrano riconducibili alla dimensione
raggiunta dalla media dei concessionari, ma piuttosto alle ridotte condizioni di marginalità cui le aziende
concessionarie sono costrette ad operare. A ciò si è giunti in parte per la crisi economica, che ha ridotto reddito disponibile e propensione alla spesa per i consumatori, con una spinta al ribasso dei prezzi; in parte, però, si è giunti a ciò anche per le scelte dei produttori di ridurre le risorse a disposizione della
distribuzione. Sui motivi di tali scelte basta fare riferimento all’ultima informativa resa ai mercati finanziari dal CEO di FCA, Sergio Marchionne .
Marchionne molto crudemente dichiara che l’industria automobilistica è soggetta ad una incontrollabile dipendenza di denaro, indotta dai necessari investimenti. Fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che tale denaro l’industria automobilistica non è in grado di ripagarlo (tranne i marchi premium), visto
che il suo ritorno sugli investimenti è ben al di sotto del tasso di remunerazione che i finanziatori si attendono di ricevere per la concessione di tali risorse. In poche parole: l’industria automobilistica distrugge valore.
Ora, se estendessimo l’analisi di Marchionne ai bilanci “di filiera”, piuttosto che a quelli “aziendali” dei singoli OEM, che cosa dovremmo aspettarci? Senza dubbio un peggioramento dell’analisi, per come ha pure stimato un’importante società specializzata in occasione del Dealer Day tenutosi a fine maggio a Verona. Basta d’altronde consultare la serie dei Supplementi al Bollettino Statistico della Banca d’Italia, che registra un impressionante aumento dal mese di ottobre 2010 al mese di marzo di 2015 del dato relativo alle Sofferenze del settore “Commercio all’ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli”.
Tale indicatore è passato da 10,161 miliardi di € dell’ottobre 2010 all’impressionante cifra di 25,685 miliardi di € del marzo 2015. In pratica la Banca d’Italia certifica che la distribuzione automobilistica ha bruciato in meno di 5 anni 15,5 miliardi di risorse del sistema bancario.
Insomma siamo nel pieno di una gravissima crisi del settore automotive, che ha origine diversa ed ulteriore rispetto alla dinamica del mercato della domanda globale. E tutto questo avviene in un contesto di regole che purtroppo espone a rischi sempre crescenti gli operatori periferici nella Supply Chain, con il verificarsi di fenomeni come il Dealer Squeezing, che sottrae alle economie nazionali risorse strategiche di capitale. La Commissione Europea stessa è tornata più volte sull’argomento delle Pratiche distributive scorrette (UTP_Unfair Trading Practices) e sulla necessità di condividere un codice di condotta tra Dealers e OEM.
Nonostante il consolidamento delle reti distributive, dunque, i concessionari sono costretti a fronteggiare ancora i rischi di sostenibilità del business. In tale, critico, contesto vengono introdotte innovazioni tecniche e normative che vanno attentamente valutate. Ci riferiamo in particolare: alla reintroduzione nel sistema giuridico italiano della responsabilità penale per la fattispecie di falso in bilancio di società non quotate, all’introduzione nel nostro ordinamento giuridico del nuovo reato di auto riciclaggio ed all’introduzione dei nuovi principi contabili. Queste condizioni di contesto impongono agli amministratori delle società concessionarie un’attenta riflessione sui rischi d’impresa cui devono attendere e sugli strumenti che
devono adottare per tutelare tutti gli stakeholders delle proprie aziende.
Da un lato, dunque, le difficoltà economiche dei produttori che si scaricano sui concessionari mediante le UTP, dall’altra i vincoli imposti dalla normativa 231. Nel sistema giuridico italiano questo significa che gli amministratori delle imprese concessionarie devono valutare adeguatamente i rischi che sugli stakeholders
delle proprie aziende comporta un’attività scorretta di direzione e coordinamento da parte dei distributori
automobilistici. Rischi che, qualora non gestiti adeguatamente, potrebbero far ricadere a valle la
responsabilità delle scelte (e dei benefici) localizzati a monte della filiera.
Solo qualche esempio: la fornitura d’ufficio di auto non richieste dal mercato e giacenti a lungo sui piazzali pone un tema di congruità del valore delle scorte esposto in bilancio, al pari della distribuzione di ricambi di prima dotazione. La fissazione impropria di obiettivi commerciali e la conseguente riduzione della marginalità di vendita pone un problema di prosecuzione dell’attività d’impresa in condizioni di palese diseconomicità. La pervasività delle disposizioni emanate dal distributore pone un problema di registrazione dell’attività di direzione e coordinamento. La definizione di standard contrattuali incidenti sulle immobilizzazioni pone un problema di recuperabilità degli investimenti e quindi di congruità dei valori immobiliari esposti in bilancio (vedi nuovo OIC9). Sono esempi di come, ad una pratica distributiva scorretta (UTP), può conseguire un rischio di illecito amministrativo.
In tali situazioni ogni iniziativa presa dal distributore richiama la responsabilità dell’amministratore della concessionaria, che deve ben valutare se per quest’ultima vi è comunque una qualche convenienza ad ottemperare a tali iniziative. Qui entra in gioco l’analisi di convenienza di ogni singola disposizione e la qualificazione delle stesse nelle categorie appresso rappresentate:

Benefici per il buyer/  Benefici per il seller /Natura della misura

+ + Partecipativa
= + Speculativa
‐ = Penalizzante per il buyer
‐ + Scorretta

E’ di tutta evidenza che quando l’amministratore della concessionaria assume decisioni in merito ad iniziative assunte dal distributore, del tipo “Penalizzante per il buyer” e “Scorretta”, deve necessariamente valutare quale sia il coinvolgimento degli interessi di ogni stakeholder nell’attività di direzione e coordinamento esercitata sulla concessionaria dal distributore. In tali casi l’amministratore potrebbe procedere solo se vi sono evidenti prospettive di misure compensative da parte del distributore a vantaggio della concessionaria.
Considerato il grado di diffusione delle UTP (Stimato dalla UE pari al 95%), occorre adottare con la massima urgenza idonei strumenti di riduzione del rischio di illecito indotto dalle UTP medesime e, tra tali strumenti, tre rivestono importanza prioritaria:
1. Il sistema di prevenzione 231
2. Il codice di condotta concordato tra distributore e concessionario
3. L’istituzione di un osservatorio che assista le reti distributive e le loro associazioni nella valutazione delle misure assunte dai distributori.
Alla rapida adozione di tali strumenti dovrebbe essere preordinata l’attività degli amministratori delle concessionarie e delle rispettiva associazioni imprenditoriali, correggendo in tal modo una situazione di fatto in cui gli interessi delle aziende concessionarie rischiano di uscire irrimediabilmente compromessi.

 

Saverio CArlo Greco

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